Viaggio tra neuroscienza, psicoacustica ed emozione sonora
Alcuni suoni ci colpiscono al punto da generare reazioni fisiche involontarie: pelle d’oca, un nodo alla gola, un brivido che corre lungo la schiena. Questo fenomeno – chiamato frisson – è al centro di numerosi studi neuroscientifici e psicoacustici. Perché succede? Cosa avviene nel nostro cervello? E perché alcune persone lo provano più spesso di altre?
Il fenomeno del frisson: definizione e caratteristiche
Il termine frisson deriva dal francese e significa "brivido". È stato descritto per la prima volta in ambito psicologico nel XX secolo, ma solo dagli anni '90 ha iniziato a essere studiato con metodi neuroscientifici.
David Huron, musicologo e psicologo della Ohio State University, ha analizzato come l’inaspettato in musica possa generare frisson, evidenziando il ruolo della violazione delle aspettative musicali come chiave per innescare una forte reazione emotiva.
Caratteristiche comuni del frisson:
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incremento della conduttanza cutanea (misurabile con GSR),
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aumento del battito cardiaco e talvolta della lacrimazione,
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attivazione simultanea di aree cerebrali coinvolte nel piacere, nella sorpresa e nella memoria emotiva.
I primi studi scientifici
Uno studio pionieristico è quello di John Sloboda (1991), psicologo musicale dell'Università di Keele (UK), che analizzò le risposte emotive forti alla musica. Sloboda scoprì che molti soggetti riportavano brividi intensi in corrispondenza di:
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modulazioni armoniche improvvise,
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attacchi corali o orchestrali potenti,
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voci espressive con vibrato emotivo.
Nel 2001, Jaak Panksepp, neuroscienziato dell'affettività, pubblicò uno studio su Music and Emotion dove ipotizzava che il frisson sia una forma di attivazione del sistema della cura e dell'attaccamento, simile a quello sperimentato nella relazione madre-figlio.
Neuroscienza e imaging cerebrale
Nel 2009, Valorie Salimpoor e colleghi della McGill University di Montréal pubblicarono uno studio su Nature Neuroscience che dimostrava, tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), che durante il frisson viene rilasciata dopamina in due momenti distinti:
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Durante l’attesa del momento musicale intenso (anticipazione): attivazione dello striato caudato.
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Durante il climax musicale (la “botta emotiva”): attivazione dello striato ventrale (nucleus accumbens), lo stesso che si attiva con droghe, cibo e sesso.
Questi studi hanno mostrato che la musica può scatenare risposte paragonabili al piacere fisico, ma in modo più sofisticato: attraverso l’anticipazione e la sorpresa.
Chi prova frisson più facilmente?
Non tutte le persone lo sperimentano. Studi condotti da Matthew Sachs (Harvard University, 2016) mostrano che gli individui che provano frequentemente il frisson hanno una maggiore connettività tra le regioni uditive e quelle emozionali del cervello, in particolare tra la corteccia uditiva superiore e la insula anteriore.
Altri fattori:
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Empatia musicale alta
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Esperienza musicale prolungata
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Attitudine riflessiva o contemplativa
Sachs ha suggerito che il frisson potrebbe essere un marker neurologico della sensibilità emotiva alla musica.
Suoni fastidiosi e meccanismi evolutivi
Se il frisson è legato al piacere, altri suoni provocano l’effetto opposto. Studi di Trevor Cox (Università di Salford) hanno mostrato che i suoni tra 2.000 e 5.000 Hz, come il gesso sulla lavagna, risultano fastidiosi perché il nostro condotto uditivo amplifica naturalmente quelle frequenze, rendendole biologicamente più “allarmanti”.
Queste risposte sono considerate evolutive, legate all’allerta e alla sopravvivenza. Il nostro cervello risponde con:
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tensione muscolare,
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fuga o repulsione,
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attivazione dell’amigdala, centro della paura.
Conclusione: il suono come emozione fisica e ancestrale
I brividi che proviamo ascoltando un brano, una voce o una sequenza sonora non sono casuali: sono effetti concreti di un’interazione tra il nostro sistema uditivo, emotivo e cognitivo. La musica e i suoni forti ci coinvolgono non solo esteticamente, ma biologicamente.
E, forse, è proprio questo il motivo per cui il suono è stato, da millenni, ritenuto sacro, terapeutico, magico. Dove la parola si ferma, il suono continua a parlare.